Ho fatto un sogno, l'altra notte.
Ero incinta ma qualcosa non andava. Qualcosa, dentro di me, non funzionava.
Abortivo lì, sul tappeto verde in bagno.
E quando lo vedevo a terra e gli guardavo il viso bello, da quell'istante in poi lo amavo.
Lui sì, per la prima volta, da subito, lo amavo senza conoscerlo. Non una goccia meno degli altri due.
E' stato allora che è arrivato il dolore, a detonare dentro.
Pensavo fosse sfiga invece era un calesse.
Mi sono presa la mattina e ho portato Nina a fare il vaccino.
Ha scatarrato sul camice del medico che le ha controllato i polmoni e ci ha rimandate a casa.
Pensavo di essere indietro col lavoro, pensavo come faccio a portarla dalla pediatra adesso, pensavo ma pensa te che stronza che non ti sei manco accorta del catarro, pensavo certo che c'hai una sfiga.
Invece poi abbiamo pranzato insieme e lei sedendomi davanti succhiava spaghetti e sorrideva arricciando il naso. Si è pure messa un dito nell'orecchio e lo girava per dirmi ch'eran buoni.
Io di solito pranzo da sola.
Cose che solo io.
Le inette come me decidono così- su due piedi- di preparare il pan di mort.
Siccome e precipuamente perché sono inette non lo fanno dopo una spesa ragionata ma così, proprio ad minchiam, col neurone a intermittenza e la dispensa come la trovano.
E non c'hanno i fichi secchi ma vabbè la marmellata.
E non c'hanno gli amaretti ma vabbè il grancereale (?).
E non c'hanno il savoiardo ma vabbè c'ho i biscotti (??).
E non c'hanno il vin santo e vabbè c'ho quel mezzo grappino fatto in casa.
E non c'hanno lo zucchero e vabbè - no, 'spetta- cazzo. Non c'ho lo zucchero.
Cose che solo io - due.
Ho fatto vedere a Magù questa foto e gli ho detto che trovo sia bellissima, e intensa, e ritoccata in postproduzione, e tuttavia simmetrica, commovente, perfetta.
Dico magari ci andiamo un giorno io te e Nina e il babbo in South Dakota, al confine col Minnesota.
Perchè no, chi ce lo impedisce, dico io. Ci andiamo pure noi e fotografiamo la luna gigante e i coyote, se ce li troviamo.
Dico domani in ogni caso la disegniamo insieme, lui pastrugna l'orecchio e fa sì con la testa.
Io mi tranquillizzo.
Comunque lo avete capito -sì ?- che m'è arrivato il ciclo.